L’imprenditrice Alexia Battistella, esperta di moda, stile e look, dalla sua esperienza in giro per il mondo e poi al vertice di Flower srl, inizia la sua pratica di scrittrice con il ghostwriting degli Scrittori di Talenti.
Perdersi per trovarsi nello stile – Capitolo 1
Un giorno un caro amico mi scrisse queste parole: “Voglio arricchirmi di tutte le cose belle che il mondo ha da offrire.” Quella frase è rimasta scolpita nella mia mente e nel mio cuore, perché racchiude un pensiero che, da quel momento, ho profondamente condiviso. Ho sempre amato l’idea che si possa crescere ed evolvere interiormente lasciandosi ispirare da ciò che ci circonda: le persone che incontriamo, le esperienze che viviamo, la bellezza della natura, le scoperte fatte viaggiando. In fondo, ciascuno di noi non è altro che il riflesso e il risultato di tutto ciò che ha vissuto e interiorizzato lungo il proprio cammino. Tra tutti i momenti significativi della mia vita, il 2018 è stato un anno straordinario, quasi magico.
Fu allora che intrapresi, insieme a due amiche, un viaggio “on the road” attraverso la California, un’avventura che avrebbe segnato profondamente il mio essere. L’idea di esplorare gli Stati Uniti d’America, in particolare attraverso un itinerario a tappe, fu mia. Partimmo da San Francisco, una città intrisa di fascino e storia, nota anche come il luogo d’origine di Janis Joplin, una delle mie muse artistiche e guida spirituale.
La Joplin può essere considerata l’incarnazione perfetta dello stile bohémien e rock anni ’60, un’icona di libertà, creatività e ribellione che ha influenzato non solo la musica, ma anche la moda. Il suo look descriveva un mix esplosivo di tessuti fluidi, colori psichedelici e accessori vistosi: tutto perfettamente imperfetto ciò che produceva il suo estro, come se raccontasse una storia vissuta intensamente. Adoro il modo in cui indossava le sue giacche di velluto ricamate, abbinate a bluse leggere dai motivi etnici e pantaloni a zampa d’elefante, rendendo ogni outfit un manifesto della sua anima selvaggia. Le sue collane stratificate, gli anelli oversize e gli occhiali tondi colorati erano più di semplici dettagli: rappresentavano pienamente uno spirito nomade e anticonformista mai visto prima.
E poi c’erano i suoi capelli ribelli, spettinati ma sempre magnetici, a simboleggiare un rifiuto delle regole imposte. Janis non seguiva la moda, la reinventava. Il suo stile era un inno alla spontaneità e all’autenticità, ed è proprio questa essenza che continua a ispirarmi nel creare abiti che trasmettono personalità e indipendenza. Se dovessi immaginare una collezione ispirata a lei, sarebbe un mix di frange, paillettes, denim vissuto e sete fluttuanti, perfetti per chi vuole vivere la moda con lo stesso fuoco con cui Janis viveva la musica.
Con la Joplin nel cuore, proseguimmo il viaggio da San Francisco, addentrandoci nell’iconico Parco Nazionale dello Yosemite, dove la natura selvaggia e incontaminata avvolgeva i visitatori con la sua maestosità. Oggi, come allora, è un luogo in cui ci si rende conto, a prima vista, di quanto l’essere umano sia piccolo di fronte alla grandiosità di cascate, foreste e vette imponenti. Appena misi piede in quel parco sconfinato, ebbi la sensazione di trovarmi su una passerella naturale, dove ogni elemento sembrava un’opera d’arte modellata dal tempo. Le imponenti formazioni rocciose mi ispirarono silhouette strutturate e tagli decisi, come se la natura stessa suggerisse linee scolpite e volumi audaci.
I colori mutevoli dell’ambiente, dal verde intenso della vegetazione alle sfumature dorate della luce, mi offrirono una palette vibrante, perfetta per tessuti fluidi e stampe astratte. Il movimento dell’acqua e il gioco delle ombre tra gli alberi mi fecero immaginare drappeggi leggeri e trasparenze eteree, mentre le superfici ruvide e i contrasti di materia mi suggerirono texture naturali e dettagli ricamati. In quel luogo selvaggio e incontaminato percepii un’energia primitiva che desiderai catturare nei miei design: capi morbidi ma potenti, capaci di trasmettere la stessa libertà che avevo respirato lì. Ogni angolo di quel paesaggio mi ricordò che la moda, come la natura, è un perfetto equilibrio tra forza e delicatezza, imponenza e leggerezza… E io volli portare tutto questo nelle mie creazioni!
Il viaggio mi portò, poi, verso un altro scenario mozzafiato: la Death Valley, una terra surreale che sembrava appartenere ad un altro pianeta. L’immensità del suo paesaggio desertico mi entrò subito dentro: notti illuminate da cieli stellati infiniti e tramonti dalle tonalità rosa- arancio mi hanno dipinto le pareti del cuore, lasciandomi estasiata davanti a tanta bellezza primordiale! Proprio lì, le mie emozioni emersero con la potenza straordinaria delle sorgenti dall’azzurro eterno, per farmi ripartire, carica di gioia, per la mia avventura americana che si concluse nella celeberrima Los Angeles, la città degli angeli e dei sogni. Era una destinazione che avevo sempre immaginato, influenzata dai ricordi dell’adolescenza, quando seguivo con passione le serie televisive simbolo di un’intera generazione, come Beverly Hills 90210.
Quelle scene iconiche, con i jeans a vita alta e i giubbotti di pelle, avevano contribuito a creare nell’immaginario collettivo un’aura mitica attorno a questa città. Una volta arrivata lì, mi sentii come se fossi entrata in uno di quegli episodi che conoscevo ormai a memoria. La California è stata, senza ombra di dubbio, il viaggio più importante della mia vita. Ha rappresentato molto di più di una semplice vacanza: è stato un percorso di crescita personale e, in qualche modo, anche professionale. Proprio durante quella esperienza si sono poste le basi di quello che sarebbe poi diventato il mio progetto più significativo, quello che porto avanti con orgoglio e che ho chiamato “OIDA.”
La California è una collezione vivente di colori, forme e vibrazioni che si mescolano in un’armonia perfetta. Ogni suo angolo racconta una storia di libertà, creatività e contrasti affascinanti, una fonte inesauribile di ispirazione per le mie creazioni. Le sue città iconiche mi suggeriscono, tutt’oggi, texture e silhouette diverse: il minimalismo sofisticato di Los Angeles, con la sua luce dorata e le onde che accarezzano la costa, diventa un mix di sete leggere, tagli fluidi e tonalità sabbiose. Ma, nonostante l’incredibile vivacità delle città, in quel viaggio è stata la natura ad affascinarmi di più: il deserto infuocato mi ha parlato di tessuti grezzi e nuance terrose; le scogliere scolpite dal vento mi hanno suggerito forme strutturate e silhouette audaci, mentre i boschi millenari mi hanno spinta a lavorare con materiali naturali e avvolgenti. Dopo questo viaggio, la California per me non è più stata solo un luogo, ma è diventata un atteggiamento, un modo di vivere tra lusso rilassato e spirito selvaggio.
Attraverso “OIDA” voglio continuare a tradurla in abiti che raccontino la sua anima libera e senza tempo! Per una persona creativa come me, è essenziale coltivare continuamente nuove ispirazioni e alimentare la propria mente con stimoli sempre diversi. Viaggiare è una delle fonti più potenti di ispirazione che io conosca. Ogni luogo visitato, ogni incontro, ogni panorama può aprire nuove prospettive, dare vita a idee inaspettate e arricchire profondamente l’anima. È proprio grazie a viaggi come questo che la mia visione del mondo e della creatività si è ampliata, permettendomi di realizzare i miei sogni e i miei progetti più ambiziosi.
Quando intrapresi il mio viaggio verso la California, sentivo un impulso irrefrenabile: avevo bisogno di perdermi, di dissolvermi nel suo vasto mondo, di smarrire ogni parte di me stessa, i miei punti di riferimento, persino quelle certezze che fino ad allora avevo ritenuto indistruttibili, solide come roccia. Era come se la mia anima reclamasse il vuoto, il distacco da ciò che conoscevo, sperando di ritrovarsi, un giorno, più completa. Ho sempre creduto che perdersi sia l’unico modo per riscoprire la propria essenza più autentica, per riplasmarsi e percorrere sentieri sconosciuti, quelli che completano e arricchiscono più di tutti le strade già battute. Perdersi, secondo me, è l’unico modo per trovarsi per ogni anima creativa! La routine, con le sue regole rigide e le collezioni che si susseguono a ritmo frenetico, rischia di soffocare la mia visione.
Spesso, infatti, mi trovo circondata da moodboard impeccabili, ma privi di emozione, da tendenze già decise prima ancora di essere vissute. E allora sento il bisogno di perdermi, di lasciare ciò che conosco, di partire per l’ignoto, spegnendo il rumore del mondo della moda per ascoltare qualcosa di più autentico. E allora mi perdo nei vicoli di città sconosciute, tra le bancarelle di tessuti dai colori mai visti, negli abbracci del vento che scompiglia i colori e li rimescola in nuance insolite quanto sorprendenti. Mi lascio abbagliare dai riflessi del sole su una parete scrostata, dalla combinazione casuale di due tonalità in una strada affollata, dall’imperfezione sublime di un vestito che qualcuno ha rattoppato con amore.
Perdersi significa aprirsi al caos della bellezza non programmata, quella che non segue regole ma solo l’istinto alla vita. E poi, proprio in quel disordine perfetto, mi ritrovo. Ritorno a casa con un cuore più leggero, con idee che non sono nate sfogliando una rivista ma dall’esplorazione del mondo reale, dal battito di un’emozione autentica, capace di rimescolare tutte le carte del mazzo, per dare vita a una partita ricca di cuori, fiori e denari. La moda non è solo tendenza, è esperienza, viaggio, scoperta: per creare qualcosa di nuovo, perciò, bisogna prima avere il coraggio di smarrirsi davvero… Di lasciarsi andare alla deriva per approdare su un’isola inesplorata quanto variopinta!
In questo viaggio, non ero sola. Le mie compagne d’avventura sono state riflesso e risonanza delle mie nuove sfumature. Con loro ho condiviso momenti di stupore e rivelazione, scoprendo quanto fossero preziose anche le parti di me che non volevo lasciar andare. Non c’erano solo loro a riempire di bellezza quei giorni. La natura, maestosa e indomabile, si è eretta a regina assoluta di quell’esperienza regalando, a ogni nostro passo, scenari di pura meraviglia. Descrivere la natura americana è un’impresa ardua, quasi impossibile. Per chi, come me, ha trascorso lunghe ore a sognare tra le pagine di Jack Kerouac, ritrovarsi finalmente a percorrere quelle strade sterminate, circondate da querce gigantesche e illuminate da tramonti infiniti, è come vivere un sogno a occhi aperti. Leggere Kerouac è come viaggiare attraverso un tessuto vintage logoro dal tempo, ma carico di storia. La sua scrittura pulsa di libertà, di strade polverose e notti insonni, di incontri casuali che lasciano il segno.
È ribellione, movimento, improvvisazione—proprio come la moda quando è pura espressione e non solo tendenza. I suoi personaggi indossano la vita con noncuranza, come se fosse una giacca di pelle consumata dal vento. E io voglio portare quello spirito nei miei abiti: forme che sembrano create per correre, per ballare, per perdersi sotto cieli immensi. Tessuti che raccontano di notti nelle caffetterie di New York e di albe sulle highway americane. Kerouac non scriveva storie, scriveva esperienze. E io voglio disegnare abiti che non siano solo da indossare, ma da vivere. La vastità del cielo, le linee dell’orizzonte che sembrano non avere mai fine, la luce dorata che accarezza ogni cosa… tutto questo ti entra dentro e non ti abbandona più. Così fu per me la California: un incanto che mi avvolse e mi trasformò. Ancora oggi, la memoria di quei tramonti nel deserto e della luna che si riflette sulle rocce mi accompagna dolcemente. Ritorna alla mente nei momenti in cui cerco ispirazione per creare un abito o una blouse di seta, ovvero, capi che possano parlare di me e del mio viaggio interiore.
Voglio che quei vestiti non siano mai semplici oggetti, destinati a essere dimenticati in un angolo dell’armadio, soffocati dal tempo. Desidero, invece, che racchiudano un pezzo di anima, qualcosa di eterno, capace di risvegliare emozioni in chi li indosserà. Così come la California ha lasciato un segno indelebile nel mio cuore, anche le mie creazioni devono saper raccontare una storia che non svanisce. Viviamo in un’epoca dominata dalla corsa sfrenata al possesso e alla realizzazione di obiettivi in tempi sempre più ridotti, come se il successo fosse misurabile solo in base alla velocità con cui si raggiungono determinati traguardi. Questa mentalità, ormai radicata nella quotidianità, ha progressivamente offuscato la consapevolezza di ciò che è realmente autentico e di ciò che, invece, può essere considerato frutto di un lavoro artigianale. Valori fondamentali come il tempo dedicato, la passione investita e la cura costante, un tempo ritenuti pilastri essenziali per la realizzazione di qualsiasi opera o progetto, sono oggi spesso relegati a un ruolo marginale, superati da una società che sembra privilegiare l’apparenza piuttosto che l’essenza.
L’autenticità è ormai spesso sacrificata sull’altare della superficie, dove ciò che si mostra all’esterno – esperienze vissute, avventure raccontate, luoghi visitati e persone incontrate – si trasforma in una narrazione di sé. Tutto ciò che esibiamo diventa un riflesso della nostra identità interiore, uno specchio delle sfaccettature del nostro carattere e dei nostri stati d’animo. In questo contesto, persino un abito non è più un semplice oggetto, ma un mezzo simbolico in grado di esprimere qualcosa di più profondo, qualcosa che riguarda la nostra individualità. Se l’abbigliamento può essere un veicolo così potente di comunicazione personale, perché mai dovremmo cedere all’omologazione dilagante che pervade la società contemporanea? Basta fare una passeggiata per le vie della propria città, entrare in un museo, visitare una galleria d’arte o, semplicemente, attendere un treno in stazione per rendersi conto di quanto lo scenario sia ormai monotono e uniforme.
Soffermandosi ad osservare con attenzione le persone che ci circondano, si noterà una sorprendente somiglianza negli stili di abbigliamento. Molti abbracciano inconsapevolmente le mode imposte dalla fast fashion, seguendo tendenze effimere che annullano le peculiarità individuali. Questa tendenza ha condotto a un appiattimento delle personalità, dando forma a una società che sembra aver perso la capacità di esprimere la propria unicità e, di conseguenza, la propria voce interiore. La creatività e l’espressione personale, un tempo manifestate anche attraverso dettagli estetici unici e significativi, sono state così oscurate da una sorta di conformismo estetico. È forse giunto il momento di riscoprire il valore di ciò che è autentico, tornando a dare spazio alla lentezza, alla dedizione e al racconto sincero di sé stessi? Secondo me, la risposta è decisamente sì!
È essenziale non perdere di vista la funzione sociologica dell’abito, che si rivela essere molto più di un semplice elemento estetico o pratico. Come sottolineava Georg Simmel, la moda costituisce un potente strumento di coesione sociale, poiché svolge una duplice funzione: da un lato, consente all’individuo di manifestare la propria appartenenza a un determinato gruppo sociale, rafforzando il senso di comunità e identità condivisa; dall’altro lato, permette a ciascuno di esprimere la propria unicità e autonomia sul piano simbolico e spirituale. Questa dinamica si basa su un delicato equilibrio tra omologazione e differenziazione.
L’adozione di determinati stili e codici vestimentari favorisce una certa uniformità all’interno del gruppo, trasmettendo segnali riconoscibili e accettati dai suoi membri. Tuttavia, all’interno di questa cornice di appartenenza, si aprono spazi per l’individuo, il quale, attraverso scelte personali in materia di abbigliamento, può affermare il proprio stile e la propria identità distintiva. Questo processo risponde a una delle esigenze fondamentali dell’essere umano, che Simmel definisce come la tensione costante tra l’istinto di inclusione sociale e il bisogno di differenziazione. L’abito, dunque, si configura non solo come un mezzo per distinguersi dagli appartenenti ad altri gruppi sociali, ma anche come un modo per rafforzare il senso di appartenenza e coesione interna. Allo stesso tempo, rappresenta un’espressione della libertà personale, consentendo agli individui di posizionarsi simbolicamente in modo unico all’interno della società. Questa esigenza di conciliare appartenenza e distinzione riflette la natura primordiale dell’uomo come animale sociale, sempre alla ricerca di un’identità che sia tanto collettiva quanto personale. In sintesi, la moda e l’abito racchiudono in sé una complessa trama di significati sociali, fungendo da strumenti attraverso cui l’individuo comunica, interagisce e si definisce nel contesto delle dinamiche di gruppo e della società nel suo complesso.
Spesso, quando si discute del sistema della moda, lo si descrive come un universo dominato dalla superficialità, privo di riferimenti solidi e di una struttura concettuale ben definita. Viene percepito come l’apoteosi dell’effimero, un mondo in cui il valore sembra risiedere esclusivamente nell’apparenza e nel mutare incessante delle tendenze. Tuttavia, questa visione trascura un aspetto fondamentale: alla base di questo affascinante universo esiste un impianto razionale e intellettuale di grande profondità, un sistema articolato che nel corso del tempo ha attirato l’attenzione e l’analisi di alcuni dei più importanti pensatori. Figure di spicco come Charles Baudelaire, Émile Zola ed il già citato Georg Simmel hanno contribuito con le loro riflessioni a conferire alla moda una dimensione culturale e sociologica ben definita, dimostrando come essa sia molto più di un semplice gioco estetico, ma piuttosto un fenomeno complesso, specchio della società e delle sue trasformazioni. Ritengo sia fondamentale che ciascuno di noi consideri l’abito non semplicemente come un oggetto da accumulare in quantità, seguendo la logica secondo cui “più vestiti possiedo, più riesco a distinguermi dagli altri”. Al contrario, credo fermamente che l’approccio corretto debba basarsi sulla qualità piuttosto che sulla quantità.
Il vero valore di un capo risiede nella sua unicità, nella maestria artigianale con cui è stato realizzato, nella cura dei dettagli e nella scelta di materiali pregiati. Indossare un abito esclusivo, nato dal sapere manuale di esperti artigiani, non solo conferisce soddisfazione e orgoglio personale, ma diventa anche un’espressione autentica della propria individualità. In questo modo, la moda non si riduce a una semplice tendenza passeggera, bensì si trasforma in una dichiarazione di stile consapevole e durevole nel tempo. Un capo realizzato con attenzione e competenza non è soltanto esteticamente distintivo, ma è anche sinonimo di resistenza e longevità: più alta è la qualità, maggiore sarà la sua capacità di durare nel tempo, mantenendo intatta la propria bellezza e funzionalità. Perché, in fondo, la moda è un universo vibrante, fatto di colori, contrasti e infinite sfaccettature, capace di offrire a ciascuno di noi l’opportunità di esprimere un frammento della propria essenza, sia nella routine quotidiana sia in occasioni speciali che segnano momenti significativi della vita.
È un linguaggio universale, aperto a tutti, in cui ognuno può trovare il proprio spazio ed esprimere la propria personalità attraverso ciò che indossa. È un mondo inclusivo e democratico, dove chiunque può sentirsi straordinario avvolto in un abito di seta che accarezza la pelle con eleganza e leggerezza, dove la gioia e l’emozione prendono vita nell’attimo in cui si indossa il vestito scelto per un evento speciale, che sia un matrimonio, una cerimonia o una serata indimenticabile. È anche un mondo che accompagna le avventure della vita, in cui il coraggio si manifesta attraverso una giacca da montagna, simbolo di audacia e voglia di esplorare, pronta a sfidare il vento e a perdersi tra i sentieri della natura. La moda non è solo estetica, è un’esperienza, un mezzo di comunicazione potente che permette di raccontare chi siamo senza bisogno di parole.
È assolutamente imprescindibile, in ogni singolo istante del nostro percorso creativo, gettare con determinazione e visione le fondamenta di un nuovo modo di concepire la moda: un universo in cui ogni scelta stilistica sia profondamente consapevole, in cui ogni tessuto, ogni cucitura, ogni silhouette racchiuda un’intenzione autentica e un’emozione sincera. Perché la moda non può e non deve essere soltanto un esercizio estetico fine a sé stesso, ma un potente strumento di espressione individuale, un mezzo attraverso il quale ciascuno possa raccontare la propria identità, la propria anima, il proprio sentire più profondo. L’abito non è più solo un capo da indossare, ma un’estensione del sé, un linguaggio silenzioso che comunica chi siamo, anche senza bisogno delle parole.
Ecco quello che, secondo me, è il futuro verso cui dobbiamo tendere con passione, responsabilità e una visione chiara: una moda che non segue solo le tendenze, ma che le crea con significato, una moda che non veste soltanto il corpo, ma accarezza l’anima e lascia un’impronta indelebile nel tempo. Per arrivare a questa consapevolezza profonda, ognuno dovrà perdere, a suo modo, le proprie false certezze, così da ritrovarsi nell’autenticità più pura e generativa di un nuovo, quanto durevole, stile personale.
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